Poveri di Gesù Cristo - Associazione Domenico Scarlatti

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Poveri di Gesù Cristo

IISSMN > '700 > I QUATTRO CONSERVATORI

Il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo

In Piazza dei Girolamini, slargo di Via dei Tribunali nel centro antico di Napoli, oltre che la fac-ciata dell’omonima chiesa, si trovano il palazzo che fu del Marchese di Villa, Giambattista Man-zo, frequentato tra gli altri da Torquato Tasso, e la casa di Giovan Battista Vico,  dove visse per circa vent’anni, e, proprio di fronte alla Chiesa, l’edificio che oggi ospita le Suore della Carità di Madre Teresa di Calcutta, un tempo Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo.
Le origini risalgono al 1599 , quando un frate laico cappuccino, Marcello Fossataro di Nicotera, cominciò a raccogliere in una Napoli depressa per effetto della carestia, nel luogo chiamato Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, fanciulli orfani, poveri e senza tetto, che al grido “fate la carità ai Poveri di Gesù Cristo” provvedevano al sostentamento dello stesso.
In questo luogo si raccoglievano fanciulli dai sette agli undici anni, e, oltre all’insegnamento reli-gioso, si insegnava loro a leggere, a scrivere e a fare Musica.
La Chiesa di pertinenza del Conservatorio era dedicata alla Madonna del Pilar .
Nel Seicento l’insegnamento della Musica assunse una tale importanza da indurre Carlo Cela-no  a dire dei Conservatori “anco attendono alla musica, nella quale sono usciti ottimi soggetti”.
Inizialmente i fanciulli del Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo erano vestiti con il panno grigio francescano, ma il Cardinale Caracciolo volle che vestissero come l’iconografia sacra ci mostra Gesù, con la sottana rossa e la zimarra azzurra.
Nel 1620 così si presentava il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo: nella Sala di ingresso vi era un mobile e una grande tavola, un attaccapanni ed un crocifisso alla parete.
All’interno del Conservatorio una delle aule, con cinque banchi, sette scanni, una lampada di ve-tro, un tavolino e due sedie di legno. Nel refettorio sei tavole, sette scanni e un quadro rappre-sentante l’ultima cena: Coena Domini.
I governatori si radunavano in una “Camera del Conseglio” dove vi erano un tavolo, due campa-nelli, una cassettiera chiusa da una catena, una cassapanca ed un armadio, appoggiati alle pareti, una scala e cinque croci di legno.
Nella dispensa si trovavano tre contenitori di ottone, una cassetta, una giara per conservare l’olio, vario pentolame di rame e attrezzi da cucina, in cantina, due mezze botti e due barili gran-di.
Nella stalla una sega per la paglia, una barda e due somari.
Nel guardaroba, coperte, materassi, lenzuola, camicie e tovaglie.
Nella camera dell’udienza, due casse chiuse da serrature, cinque sedie di cuoio su due delle quali erano poggiati due cuscini sempre di cuoio, un tavolo con panno verde con cassetti chiusi a chiave, su cui era poggiato un calamaio in ottone, un mobile con serratura e quadri alle pareti.
Gaetano Greco fu chiamato alla fine del Seicento alla direzione del Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo.
Nel 1728 alla sua morte fu sostituito da Francesco Durante, poi da Francesco Feo e Girolamo Abos.
Si delinea così la storia musicale del Settecento Napoletano.
Si ebbe in questo periodo il massimo splendore  che vede in veste di allievi o maestri, e talvolta prima allievi e poi maestri, i seguenti musicisti:
Niccolò Jommelli, Giovan Battista Pergolesi, Giuseppe Porsile, Nicolò Porpora, Leonardo Vinci, Giuseppe Arena, Giuseppe Avossa, Giacomo Insanguine , Domingo Miguel Bernabè Terradel-las, Tommaso Traetta.
Il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo nel periodo che va da metà Seicento in poi, si distin-gueva quale migliore Scuola di Violino, in quanto, come ci riferisce Salvatore di Giacomo,  i maestri di Violino furono scelti da’Protettori del Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo tra mi-gliori che erano in Napoli e fu particolarmente all’inizio del Settecento che la Scuola di Violino cominciò ad avere grande rinomanza: basta citare tra gli allievi che ne uscirono Giuseppe Anto-nio Avitrano e Giovan Battista Pergolesi.
Nel 1730 un grave fatto di cronaca nera sconvolge l’apparente tranquillità del Conservatorio preso di mira già da un po’di tempo dai potenti Padri Filippini che vantavano la protezione ad-dirittura del Santo Padre.
I Padri adducevano che la confusione prodotta dal funzionamento del Conservatorio li infasti-diva nelle ore dei loro esercizi spirituali.
In quell’anno, Domenico Lanotte, giovane allievo del Conservatorio, viene barbaramente truci-dato dai “Corsori”,  la terribile milizia della Curia Arcivescovile, con la complicità dell’allora ret-tore che, fomentato dai Filippini, decide di soffocare con la forza un malcontento da lui stesso provocato con il suo malgoverno.
Nel 1744, a causa di ulteriori tumulti che causarono all’interno del conservatorio seri problemi disciplinari, numerosi giovani vennero espulsi, per cui l’Arcivescovo Spinelli, allora responsabile del Conservatorio, preferì scioglierlo, distribuendo gli alunni negli altri tre istituti musicali nel frattempo sorti a Napoli.









 
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